LA SOGLIA DEL TRAGICO
Il pensiero tragico muore quando all’interno di un dissidio insanabile il vecchio Sofocle sacrifica Edipo facendolo diventare il guardiano del confine sacro di Atene. La tragedia muore, ma riaffiora ogni volta che siamo costretti a pensare ad un mondo in cui si compie costantemente il sacrificio che annienta l’altro, la differenza, deformando così la realtà stessa del mondo. Con questa cesura si confronta Hölderlin nel suo ripercorrimento della tragedia, su questo limite si interrogano Proust e Benjamin.
Anche il pensiero di Simone Weil si pone su una soglia, in uno spazio atopico rispetto ai luoghi abituali in cui proteggiamo le nostre convinzioni, le nostre immagini e i nostri saperi, dal diverso e dal perturbante. La realtà che noi incontriamo nell’esilio dell’atopia è la realtà dei contraddittori. Simone Weil arriverà ad affermare che la bellezza, così come il dolore, sono la via che l’uomo ha aperto verso il sapere e verso la salvezza. Il coraggio di queste parole assumono un valore straordinario, perché pronunciate a contatto con le sofferenze più grandi del nostro tempo: il nazismo, lo stalinismo e la seconda guerra mondiale.
Dio ha creato il mondo abdicando ad esso, ritirandosi. Scriverà negli Écrits de Londres : “l’atto della creazione non è atto di potenza. È abdicazione. Con quest’atto è stato stabilito un regno altro rispetto al regno di Dio. La realtà di questo mondo è costituita dal meccanismo della materia e dall’autonomia delle creature ragionevoli. È un regno da cui Dio si è ritirato”.
La creazione è Dio e altro da Dio, “bene e male”, ad entrambi dobbiamo pensare e di entrambi dobbiamo avere cura. Nell’orizzonte che sta tra questi opposti si cela il sapere.